Il neuroscienziato diventa filosofo
Nell'ottobre 2023, dopo quarant'anni di carriera scientifica, Robert Sapolsky pubblica il libro che molti temevano e altri aspettavano: "Determined: A Science of Life Without Free Will". Il titolo non lascia spazio ad ambiguità. Sapolsky non vuole discutere le sfumature del libero arbitrio o trovare un compromesso tra determinismo e responsabilità morale. Vuole demolire completamente l'idea che gli esseri umani abbiano la capacità di fare scelte libere.
È una posizione estrema, e Sapolsky lo sa. Solo l'undici percento dei filosofi professionisti concorda con lui. La maggioranza — circa il sessanta percento — è "compatibilista": crede che il determinismo causale sia compatibile con una forma significativa di libero arbitrio e responsabilità morale. Sapolsky pensa che siano tutti in errore, accecati da un'illusione che la nostra specie non riesce ad abbandonare.
Ma prima di arrivare alle conclusioni, bisogna capire l'argomento. E l'argomento di Sapolsky è insieme semplice e vertiginoso.
Il secondo prima
Immagina di essere seduto a un tavolo, con davanti due pulsanti: uno rosso e uno blu. Devi sceglierne uno. Ti concentri, valuti, e alla fine premi il blu. Hai l'impressione di aver scelto liberamente. Ma cosa è successo davvero?
Un secondo prima che tu premessi il pulsante, certi neuroni nella tua corteccia prefrontale si sono attivati in un certo pattern. Quel pattern ha determinato il movimento del tuo braccio verso il pulsante blu invece che verso quello rosso. Non c'è mistero qui: il cervello controlla il comportamento, e i neuroni che si attivano determinano quale comportamento emerge. Se quei neuroni si fossero attivati diversamente, avresti premuto il rosso.
Ma perché quei neuroni si sono attivati in quel modo? Sapolsky ci invita a fare un passo indietro. Un secondo prima dell'attivazione, altri neuroni stavano mandando segnali a quelli che poi si sarebbero attivati. E prima ancora, altri neuroni. E prima ancora. È una catena causale ininterrotta che si estende indietro nel tempo.
Ma non solo neuroni. I livelli di dopamina nel tuo cervello influenzano come i neuroni rispondono. E i livelli di dopamina dipendono da cosa hai mangiato stamattina, da quanto hai dormito la notte scorsa, dal tuo stato ormonale generale. Quindi per capire perché hai premuto il blu, bisogna capire cosa hai mangiato e come hai dormito.
Le ore prima, i giorni prima
Ma perché hai mangiato quello che hai mangiato? Forse hai scelto un cibo particolare perché eri stressato, e quando sei stressato hai voglia di carboidrati. E perché eri stressato? Forse per una discussione con il tuo partner la sera prima. E perché avete discusso? Forse perché lui o lei ha fatto qualcosa che ti ha irritato. E perché ti ha irritato? Forse perché tocca un tuo punto sensibile, una vecchia ferita.
Sapolsky continua a tirare il filo. Quella vecchia ferita viene dalla tua infanzia. Forse un genitore ti ha trattato in un certo modo, e questo ha plasmato la tua sensibilità emotiva. E perché il genitore ti ha trattato così? Forse perché a sua volta era stato cresciuto in un certo modo, o perché stava attraversando un periodo difficile, o perché aveva certi tratti di personalità.
E qui arriviamo alla genetica. I tratti di personalità sono in parte ereditabili. Studi sui gemelli mostrano che circa il cinquanta percento della varianza nella personalità è attribuibile ai geni. Quindi per capire perché hai premuto il pulsante blu, bisogna capire quali geni hai ereditato dai tuoi genitori.
Ma tu non hai scelto i tuoi geni. Non hai scelto i tuoi genitori. Non hai scelto l'utero in cui sei stato concepito, l'alimentazione di tua madre durante la gravidanza, il livello di stress prenatale che ha influenzato lo sviluppo del tuo cervello fetale. Non hai scelto se nascere in povertà o in ricchezza, in una famiglia amorevole o disfunzionale, in un paese in pace o in guerra.
L'argomento completo
Sapolsky mette insieme tutti questi pezzi in quello che chiama "l'argomento scientifico contro il libero arbitrio". Non è un singolo esperimento o una singola scoperta. È la convergenza di decine di discipline scientifiche: neuroscienze, genetica, endocrinologia, psicologia evolutiva, epigenetica, sociologia. Ognuna di queste discipline mostra che il comportamento umano è causato da fattori che precedono e trascendono la "scelta" individuale.
L'argomento si può riassumere così: ogni azione che compi è il risultato di un'attivazione neurale. Quell'attivazione neurale è causata da eventi precedenti: altri segnali neurali, livelli ormonali, stati emotivi. Quegli eventi sono a loro volta causati da eventi ancora precedenti: esperienze recenti, pattern appresi, strutture cerebrali. Quelle strutture sono state plasmate dalla tua storia di sviluppo: infanzia, adolescenza, traumi, relazioni. La tua storia di sviluppo è stata determinata dall'interazione tra i tuoi geni e il tuo ambiente. I tuoi geni li hai ereditati. Il tuo ambiente non l'hai scelto. Quindi non hai scelto nulla di quello che ti ha reso quello che sei, e quindi non puoi scegliere liberamente quello che fai.
Sapolsky ammette che nessuna singola scoperta scientifica può "provare" che il libero arbitrio non esiste. Ma sostiene che quando metti insieme tutte le prove, non c'è più spazio per il libero arbitrio. È come un puzzle: ogni singolo pezzo potrebbe avere interpretazioni alternative, ma quando li metti tutti insieme, l'immagine finale è inequivocabile.
Ma la meccanica quantistica? Ma il caos?
Sapolsky dedica capitoli interi ad affrontare le obiezioni più comuni. Una è la meccanica quantistica: a livello subatomico, gli eventi sono indeterminati. Forse questa indeterminatezza si propaga fino al livello dei neuroni e crea spazio per il libero arbitrio?
No, risponde Sapolsky. L'indeterminatezza quantistica è reale, ma opera a scale troppo piccole per influenzare il funzionamento dei neuroni. I neuroni sono oggetti macroscopici che seguono le leggi della fisica classica. E anche se la meccanica quantistica introducesse casualità nel cervello, la casualità non è libertà. Se premi il pulsante blu perché un elettrone è saltato casualmente da un'orbita all'altra, non hai scelto più liberamente di prima — hai solo aggiunto rumore al sistema.
Un'altra obiezione è la teoria del caos: nei sistemi complessi, piccole variazioni nelle condizioni iniziali possono produrre risultati enormemente diversi. Il cervello è un sistema caotico. Forse questa sensibilità alle condizioni iniziali crea spazio per la libertà?
Ancora no. I sistemi caotici sono comunque deterministici. Se conosci esattamente le condizioni iniziali, puoi prevedere esattamente l'evoluzione del sistema. Il fatto che in pratica non possiamo conoscere le condizioni iniziali con precisione sufficiente non significa che il sistema sia libero — significa solo che è imprevedibile per noi. Ma imprevedibilità non è libertà.
Il compatibilismo: l'ultimo bastione
L'obiezione più sofisticata al determinismo di Sapolsky viene dai filosofi compatibilisti. Il compatibilismo è la posizione dominante nella filosofia contemporanea. Sostiene che il libero arbitrio è compatibile con il determinismo, purché lo si definisca correttamente.
Per i compatibilisti, essere liberi non significa essere non-causati. Significa essere causati nel modo giusto. Una persona è libera quando agisce secondo i propri desideri e valori, senza costrizioni esterne. Se vuoi mangiare una mela e mangi una mela, hai agito liberamente — anche se il tuo desiderio di mangiare la mela era causato da eventi precedenti. Se qualcuno ti costringe a mangiare la mela puntandoti una pistola alla testa, non hai agito liberamente — non perché l'azione non fosse causata, ma perché era causata nel modo sbagliato.
Sapolsky trova questa posizione intellettualmente disonesta. I compatibilisti, dice, definiscono il libero arbitrio in modo da renderlo compatibile con il determinismo per definizione. Ma così facendo, perdono quello che alla gente interessa davvero quando parla di libero arbitrio: l'idea di essere gli autori ultimi delle proprie azioni, di poter fare diversamente a parità di condizioni, di meritare davvero lode o biasimo per quello che si fa.
Sapolsky accusa i compatibilisti di "prendere la posizione astorica": di concentrarsi sull'agente nel momento della scelta, ignorando tutta la storia causale che ha prodotto quell'agente con quei desideri e quei valori. Un assassino può aver agito "liberamente" nel senso compatibilista — ha fatto quello che voleva fare, senza costrizioni esterne — ma se andiamo a guardare come è diventato una persona che vuole uccidere, troviamo una catena di cause su cui non aveva alcun controllo.
Il libro che non convince ma disturba
Le recensioni di "Determined" sono state miste. I filosofi professionisti hanno criticato Sapolsky per non aver preso sul serio la letteratura filosofica sul libero arbitrio. Il filosofo John Martin Fischer, uno dei massimi esperti mondiali sull'argomento, ha scritto che il libro "non offre nulla di nuovo o illuminante" e che Sapolsky "definisce semplicemente il libero arbitrio come incompatibile con il determinismo e assume che questo assolva le persone dalla responsabilità morale, senza argomentare perché questa definizione sia corretta".
Altri hanno notato che Sapolsky sembra commettere un errore logico fondamentale: dal fatto che ogni evento mentale ha cause precedenti, non segue che non esistano scelte genuine. Anche le nostre deliberazioni, le nostre valutazioni, i nostri ragionamenti sono eventi causali che fanno parte della catena. Il fatto che siano causati non li rende meno reali o meno nostri.
Ma nonostante le critiche tecniche, "Determined" ha colpito un nervo scoperto. Migliaia di lettori hanno scritto a Sapolsky dicendo che il libro ha cambiato il modo in cui vedono se stessi e gli altri. Non perché l'argomento sia inattaccabile — non lo è — ma perché Sapolsky riesce a trasmettere la vertigine di prendere sul serio l'idea che tutto quello che siamo è il prodotto di fattori che non abbiamo scelto.
E questa vertigine, sostiene Sapolsky, dovrebbe cambiarci. Se il libero arbitrio non esiste, la colpa e il merito non hanno senso. Nessuno merita di soffrire per quello che ha fatto, perché non poteva fare altrimenti. Nessuno merita la ricchezza e il successo più di chi è nato in circostanze svantaggiate. Il sistema penale basato sulla punizione retributiva è una barbarie. La meritocrazia è un mito crudele.
Ma queste conclusioni sollevano domande difficili. Se nessuno merita biasimo, come organizziamo la società? Se la punizione non è giustificata, come preveniamo il crimine? Se il merito non esiste, come distribuiamo le risorse?
Queste sono le domande della terza e ultima parte.